L’effetto principale che ha la fotografia è quello di fermare il tempo.Le cause invece possono essere molteplici. Documentare, raccontare, interpretare, fare arte o ricordare. La fotografia è di fatto condivisione. Rari sono i fotografi che tengono i propri scatti per sé, ancora più rari al tempo di Internet, in cui tutto è portato all’attenzione di un pubblico potenzialmente illimitato. In passato le nostre foto stampate entravano a far parte di album destinati alla visione di familiari e conoscenti (spesso molto pazienti). Ora chi fotografa vuole mostrare, vuole far vedere quanto è bravo, quanto è fortunato a trovarsi in una determinata situazione ed abile nel riprenderla e a suscitare emozioni.
I tempi dallo scatto alla fruizione si sono accorciati in maniera quasi immediata. Faccio una foto e la pubblico su internet. Possono passare anche pochi secondi che un primo “sconosciuto”, magari dall’altra parte del pianeta, veda che quello che ho fermato nello spazio e nel tempo. Il primo effetto è che siamo bombardati di immagini. Provate a fare una ricerca su di un luogo su Instagram, Flickr, Panoramio o qualsiasi altro bacino di condivisione fotografica. Noterete come questo sarà stato ripreso in qualsiasi stagione, in qualunque ora del giorno e con qualsiasi prospettiva. Il secondo è quello di avere un mediamente “buono” in cui affoga il gusto collettivo per l’immagine, anche grazie alla facilità degli strumenti di ripresa (risulta difatti sempre più difficile sbagliare tecnicamente una foto).
Apparentemente l’enorme massa di immagini ha poco impatto sul fruitore medio del mezzo fotografico. Molto invece influisce in negativo su chi della fotografia ne fa un mestiere o un mezzo per manifestare la sua creatività. Se sono un appassionato di fotografia, un professionista o un aspirante artista come faccio a farmi conoscere? A mostrare quello che faccio in un mondo in cui l’ingorgo fotografico è sotto gli occhi di tutti? Il difficile non è trovare un pubblico, quello di fatto abbiamo detto essere potenzialmente illimitato, il difficile è farsi conoscere o riconoscere.
In Internet, come ben sappiamo, si dispone di tantissimi mezzi per promuovere i nostri lavori. Decine di siti di condivisione si prestano a diffondere le proprie foto. Allo stesso modo la partecipazione a concorsi e contest, con la speranza di essere notati, aiuta a mettersi in gioco. Possono essere selezionati i più bravi, non sempre i migliori e anche i vincitori devono riuscire ad amministrare in maniera ottimale il loro attimo di popolarità.
La paura che le proprie “opere” vengano rubate poi terrorizza i più ed osserviamo molto spesso foto in cui sono presenti, nomi, loghi o scritte che occupano anche il 10% dell’immagine a protezione della stessa.
La soluzione di mantenere i propri lavori solo sul proprio sito internet personale poi difficilmente permetterà di avere un vasto pubblico, mancando la condivisione degli stessi. E’ come se qualcuno vi venisse a citofonare a casa per vedere le vostre foto. Normalmente è il pubblico che va cercato, raramente il contrario. Rischiamo di tornare di nuovo alla “sindrome dell’album di famiglia”.
Cosa fare per darsi una opportunità? I concorsi aiutano, pubblicare le proprie foto anche, così come intrattenere socialità varie in siti specialistici senza dubbio è fondamentale per confrontarsi, crescere o farsi contaminare, ma forse ancora non è sufficiente. Il fotografo che vuole farsi conoscere deve sempre valutare due fattori fondamentali quando mostra i suoi lavori su internet.
Uno è senza dubbio la qualità, come fotografo personalmente io uso da sempre il criterio che chiamo del “quadro di casa”. Perché mostrare agli altri qualcosa che neanche io sarei disposto ad appendermi a casa? Può sembrare ovvio, ma facendosi un giro su internet si scopre che tanto ovvio poi non è. E allora capita che quello che uno non si appenderebbe mai a casa viene appeso di fuori, su internet. Sarebbe bene in questi casi ricordarsi che si è riconosciuti per la qualità dei propri lavori, non per la quantità di questi. Ma, di contro, anche l’aver fatto un solo lavoro molto buono non farà di voi un fotografo professionista, la costanza nella ricerca paga. L’altro fattore che ritengo fondamentale per permettere la diffusione e promozione delle proprie fotografie è quello di attenuare la soglia di “gelosia” che nutriamo verso di loro. Permettere la condivisione delle proprie foto ne aumenta di fatto la diffusione.
Immaginiamo di pubblicare una foto su un sito di condivisione fotografica (Instagram, Flickr, 1x, 500px e molti altri.). Mediamente questa foto avrà nel giro di una settimana un centinaio di visite in base anche alla bravura e alla capacità di socializzazione del fotografo stesso. La maggior parte dei fotografi in questi casi tendono a blindare le proprie foto con scritte e loghi sovraimpressi sull’immagine o con copyright espliciti, per marcarne la proprietà. Queste foto saranno destinate a rimanere per sempre nell’ambito del fotografo, e probabilmente solo nel suo.
Proviamo invece a prendere in considerazione un “fotografo generoso”. Possiamo definire così il fotografo che distribuisce gratuitamente le proprie foto su internet, basandosi per esempio su una licenza Creative Commons (CC BY-NC-ND): si permette l’uso delle proprie foto libero e gratuito a patto che venga sempre mantenuto il nome dell’autore, non vengano modificate e non siano usate per scopi commerciali (basta dichiararlo sotto la foto). Questo fotografo avrà molte più possibilità di mostrare il proprio lavoro. E su internet vi è moltissima richieste di buone immagini per usi non commerciali, all’insegna del principio che l’unione creativa ha da sempre costituito una delle vere forze di internet.
Immaginiamo che tra i cento visitatori di una foto del “fotografo generoso” ce ne sia uno che gestisca un blog molto popolare (non necessariamente italiano), e che consideri la nostra foto perfetta per commentare od evidenziare un articolo del blog stesso. Questo potrà utilizzare (visto che la licenza lo permette) la foto e aumentare il bacino di utenza della stessa, che si muoverà su internet sempre con il nome dell’autore associato, amplificando così in maniera esponenziale il pubblico. Per mia esperienza diretta, e tuttora costante, permettere la condivisione dei propri lavori, sempre limitata a soli scopi non commerciali, ne aumenta molto la diffusione. Così come inserire parole chiavi descrittive per favorirne la ricerca.
Sembra scontato, ma male non fa ripeterlo: se qualcuno invece volesse sfruttare economicamente un nostro lavoro, questo dovrà essere necessariamente remunerato, fosse solo per rispetto per noi stessi e per chi con la fotografia ci lavora.
Rischiare un po’ di più favorisce senza dubbio la popolarità dei propri lavori. La bravura e le capacità promozionali ovviamente fanno il resto. Così come importante è essere implacabili quando la nostra fiducia nel prossimo viene tradita. Ma come scoprire e difendersi da chi usa in maniera non autorizzata i nostri lavori, sarà argomento di prossime riflessioni.
[Stefano Corso]
(Articolo pubblicato su RaiNews – Fermo Immagine il 17-12-2013)