Prendiamo la nostra macchina fotografica ed usciamo. E’ l’attività che viene fatta più spesso da chi considera la fotografia una passione. La strada è da sempre e storicamente una grande ed inesauribile fonte di ispirazione visiva ed emotiva. E’ facile, sta lì, basta avere una macchina fotografica qualunque, voglia di camminare e di scoprire raccontando.
Ogni fotografo è un potenziale street photographer (come si dice sempre più spesso) e la fotografia di strada, ora inserita tra le categorie di questa disciplina-arte-svago, va sempre più di moda. Che fai? Sono un fotografo di strada!
Se chiedi ad un fotografo di strada il significato di questo genere, ti darà sempre una risposta diversa, spesso integralista, sempre personale. Un esempio? Questo: “La fotografia di strada è solo quella che si fa con un grandangolo, possibilmente un 35mm, in bianco e nero e cogliendo visi delle persone!”.
Ogni fotografo sa che fotografare la vita che si ha intorno permette di variare, trovando nuovi stimoli, quello che cogliamo con l’obiettivo. Il fine è sempre la fotografia. La strada può essere uno strumento. Possiamo affrontarla, al di là di ogni “talebanismo”, con la predisposizione che ci è culturalmente più cara, con lo strumento che preferiamo (dal nostro smartphone alla reflex da ottomila euro) il tutto alla ricerca di qualcosa che ci colpisca gli occhi e, attraverso questi, il nostro io più profondo.
Non credo si possa dare una definizione precisa di fotografia di strada, quella più generale che credo possa andare bene probabilmente è: “quella pratica che consiste nel fotografare in un luogo pubblico od aperto al pubblico qualsiasi cosa che possa restituire una percezione di umanità“. Il resto sta al fotografo. Noi tutti decidiamo di scattare quando riconosciamo fuori qualcosa che abbiamo dentro, se non fosse così faremo filmati. Invece la fotografia permette di fermare un attimo di realtà scelto tra infiniti altri attimi e tra infinite prospettive ed angolazioni possibili. Facciamo “fotografia” quando fotografiamo noi stessi, quando cogliamo all’esterno elementi che possiamo interpretare in maniera originale e personale, per mostrarli e mostrarceli.
Leggevo qualche tempo fa un interessante e provocatorio articolo di Marco Palladino, in cui si sostiene tra l’altro che la fotografia di strada è una moda, non esiste come genere e che “chi fa fotografia di strada (e non fotografie anche per la strada), mi si passi l’arroganza, non è un fotografo“. Sicuramente Palladino ha ragione sul fatto che la fotografia è sempre più alla portata di tutti e che tutti si sentono fotografi solo perchè fieramente posseggono una macchina fotografica. Ma cosa è un fotografo? Solo quello con la effe maiuscola o anche chi cerca di raccontare, distrarsi, divertirsi? Ha senso incasellare qualsiasi cosa in un genere o una definizione? E vero che osservando su internet quasi tutti aggiungono al proprio nome la dizione “photographer”, che molto spesso quello che si osserva è solo una serie di foto senza senso, meramente estetiche e che poco raccontano, che l’aggiunta di “street” davanti a photographer implica solo la facilità presunta del genere. Ma il gusto fotografico collettivo si costruisce anche così, osservando, criticando e facendoci magari contaminare da quello che ci piace. Ricordandoci però sempre che la popolarità su internet, che ci fa da vetrina, è in molti casi è effimera, puoi funzionare tra un gruppo di amici o appassionati ma appena ti confronti con il mercato spesso volano gli schiaffoni, sia che tu sia un fotografo di strada, di ritratti o di moda.
Ma torniamo alla strada. Gli ostacoli, le difficoltà sono molteplici e, soprattutto note, a chi cammina con una macchina fotografica in spalla. A partire dalle nostre timidezze quando vorremo fare un ritratto di strada a qualcuno, scoprendo che la fase più complicata non è quella di ricevere un no, ma quella di ricevere un sì: perchè a quel punto la foto tocca farla veramente e deve essere buona, gestendo un estraneo che ci considera capaci, visto che tanto ci siamo interessati nel volerlo fotografare. Possiamo rubare scatti a sconosciuti, ma anche lì, gli ostacoli legislativi e sulla privacy sono tanti. La diffusione senza liberatoria dei nostri scatti a persone riconoscibili per la legge non è ammessa. Fotografare i bambini, soggetti di per sè naturali, spontanei e simpatici, peggio mi sento. Storicamente la fotografia di strada del passato da Bresson a Doisneau si è fatta anche fotografando bambini innocenti in maniera innocente. Ora il mondo è un po’ meno innocente, soprattutto per il forte volano di propagazione che fornisce internet: nessun genitore solitamente gradisce vedere il proprio figlio fotografato da uno sconosciuto per strada e magari pubblicato su internet. A meno che non sia il genitore stesso a farlo, ma questi sono altri corto circuiti.
Ma superati gli ostacoli cosa rimane? Rimane che chi racconta vince, chi emoziona anche, chi si distrae con la semplice ricerca del particolare o di qualcosa di originale vince ancora di più, anche nel caso dovesse tornare a casa con nessuna foto “buona”. La palestra fotografica che si trova dietro l’angolo di casa è impagabile prima di tutto per noi stessi, prima che per la nostra fotografia. Smettere di guardare, iniziando ad osservare con attenzione i singoli elementi, le persone, cercando di farli combaciare e trovando un qualcosa che riempia i nostri sensi più profondi è quello che fa della fotografia di strada, o per strada, un disciplina unica che ci porta ed entrare in empatia con il mondo circostante mutuandolo con i nostri occhi. Osservare il mondo con gli occhi di un cacciatore e la pazienza di un pescatore alla ricerca prima di tutto di noi stessi. Fare in modo che la foto sia per noi e per gli altri che la guardano solo l’inizio, l’innesco di un viaggio mentale che ci colleghi ad una emozione, un possibile futuro o passato in una realtà percepita ed interpretata, ma che possiamo vivere anche noi con la nostra fantasia di spettatori.
[Stefano Corso]
(Articolo pubblicato su Rainews – Fermo Immagine il 13-03-2013)
Giorgio Cottini
March 21, 2017
Ciao, ho letto un paio di tuoi articoli. Mi prometto di leggere anche il resto, poiché sono sicuro di trovare degli spunti interessanti oltreché estremamente condivisibili. In particolare mi ritrovo in pieno con quanto scrivi circa la fotografia di strada, salvo che per chi ti scrive la street photography si fa con un grandangolo e in bianco e nero. Faccio un po’ fatica a pensare ad un obiettivo diverso, in quanto il grandangolo ti permette di essere dentro la scena. Potremmo davvero dire in questo caso “punti di vista”. In ogni caso l’importante è sapere emozionarsi, raccontare e comunicare emozioni e storie.
Detto ciò condivido in pieno anche il tuo elenco dei 10 piccoli esercizi fotografici.
Se hai voglia e tempo, mi farebbe davvero piacere una tua occhiata alla mia pagina facebook giorgio cottini fotografie o al mio sito http://www.giorgiocottini.it (ahimé da aggiornare e rivedere). Un saluto cordiale
Stefano Corso
March 21, 2017
Grazie Giorgio per il commento. 🙂
Il bello della fotografia, specie della street , é che ha numerose anime e scuole di pensiero… a me piace pensarla libera di essere riempita come meglio ci piace, l’entrare dentro può funzionare per il reportage, ma non vedo perchè debba funzionare necessariamente per la street.
Piú tardi vado a vedermi il tuo sito.
A presto!
Stefano