Con la fotografia si può giocare, si può creare e si può addirittura interpretare qualcun altro passeggiando per la strada. Le strade nello specifico sono quelle di Berlino, i partecipanti sono ragazzi con una passione per la scrittura creativa e la fotografia analogica.
Immaginatevi 8 persone di età e sesso differenti chiuse in una stanza in un caffè berlinese che chiameremo Wale Café (e che magari si chiama proprio così) che scrivono ognuno di loro la biografia di un fotografo di invenzione che vive o ha vissuto a Berlino dal 1945 in poi, fermando la sua storia in un determinato momento temporale della sua vita. Noi abbiamo indicato a ciascuno solo una zona della città su cui creare e poi scattare. Ogni partecipante all’esperimento traccia un profilo psicologico del fotografo, lo discute insieme agli altri partecipanti, inventa un nome, immagina la sua vita, il suo modo di vestire e le particolarità del personaggio. Se lo ritaglia in base alla propria abilità fotografica, magari creandolo particolarmente complesso per sfidarsi in fase di interpretazione.
L’idea di base dell’esperimento è quella di analizzare come paradossalmente sia più facile scattare a tema se reinventiamo noi stessi rispetto all’essere semplicemente noi. Scattando come qualcun altro viviamo due vite, l’altro siamo sempre noi, ma un noi che ci incuriosisce, che scopriamo e continuiamo a delineare non più sulla carta ma nel mondo reale. Scopriamo così ragazze che diventano ragazze della stessa età ma di altra etnia. Partecipanti che interpretano fotografi dell’altro sesso vissuti in una Berlino che non c’è più e altre storie da rimanere incantanti. Lo scattare in pellicola, avendo solo 36 scatti a disposizione fa scoprire come ogni scatto diventi prezioso ed importante per descrivere le curiosità e le pulsioni visive del proprio alter ego fotografico. Ogni partecipante esce per la zona della città assegnata e non si finge, ma diventa il suo fotografo, interpretando la propria fantasia creativa.
Di seguito le storie e una foto per partecipante/personaggio. I nomi sono quelli inventati, le foto sono vere e scattate in pellicola.
Agnes Bougois, parigina fuggita a Berlino intorno ai 40 anni e nostra contemporanea. Agnes è convinta che non ci sia nessun relazione tra il nostro aspetto interiore e quello esteriore. Si veste con abiti di seconda mano, senza trucco prende una macchina fotografica per la prima volta a Berlino e comincia ritrarre il suo mondo perfetto fatto di persone senza volti. Maddalena Pedretti diventa Agnes, elimina il trucco e si veste come non si sarebbe mai vestita nella sua vita di tutti i giorni ed esce così per Berlino con la sua macchina analogica.
Maximilian Thekron, 57 anni, sudafricano. Ha perso la sorella 20enne nella protesta di Soweto durante l’Apartheid. Ha un’azienda di mongolfiere che affitta. Lo sguardo dall’alto lo rassicura e fa foto soltanto da una delle sue mongolfiere in volo. Decide di mettersi alla prova cercando di fotografare da vicino persone, oggetti, luoghi: un modo per dare corpo alle proprio ansie attraverso l’obiettivo. Endi Tupja diventa Massimiliano, diventa uomo e si avvicina ai dettagli della vita di tutti i giorni.
Tommaso Alessandroni. è un bambino italiano che a 5 anni nel 2010 si trasferisce a Berlino. E’ attratto dalle persone anziane, sogna di diventare uno scrittore e tappezza la sua cameretta delle foto che fa per strada. Tina Zaccardini diventa Tommaso, scattando per Berlino ad altezza bimbo, cogliendo persone anziane e immaginando di scrivere prendendo ispirazione dalle proprie foto.
Jo Heinemann, nasce a Berlino nel 1940 e vive ad est della città. Vive la divisione del muro come un trauma, altro trauma è quello della perdita della mano destra per un incidente sul lavoro nel 1980. Inizia a fotografare e attraverso il filtro della sua reflex torna nei luoghi di Berlino che aveva lasciato, scoprendo cosa sono diventati. Daria Tombolelli, con un guanto nero per ricordarsi di non usare la mano destra, scatta una Alexander Platz degli anni 80, eliminando fotograficamente e visivamente tutto quello che è di questa epoca.
Clarisse Lion, ragazza francese di 17 anni per la prima volta a Berlino con il padre, dopo aver perso la madre. Clarisse è alla scoperta della sua sessualità e si sente attratta dalle altre donne. Con la macchina fotografica crea quel filtro che le serve per esplorare questo suo lato che sta scoprendo. Franco Dubini diventa una ragazza ed comincia ad osservare le donne come probabilmente le fotograferebbe un’altra donna.
James Hertz, ragazzo tedesco ostacolato anche in maniera violenta sin da piccolo dal padre nella sua passione fotografica. Il figlio avrebbe dovuto essere muratore anche lui. A 22 anni riesce ad affrancarsi, girare il mondo e fotografare cercando quelle scene di vita familiare non vissute nella sua infanzia. Cesare Zomparelli diventa James, scatta di nascosto, senza essere visto con oggetti interposti che lo coprono.
Ophelia Arnoux, fotografa di cui si sa poco, infanzia difficile caratterizzata dalla perdita dal padre. A 28 anni inizia a fotografare e a guardare ancora una volta le cose con lo sguardo incuriosito di una bambina. Le sue foto diventano un simbolo ed uno specchio, dell’infanzia rubata da una società dedita all’individualismo. Riccardo Zamunaro diventa Ophelia nella ricerca della sua infanzia a Berlino
Salim Akim, giovane immigrato turco nato nel 1978 ad Istanbul. Va a vivere nel 2004 a Berlino con il padre. Si appassiona di fotografia e comincia ad esplorare la città e la comunità turca di Berlino. Diventerà un fotografo famoso. Ana Sensic lo congela nei suoi primi anni di vita berlinese.
[Stefano Corso]
(Articolo pubblicato su Rainews il 20 Aprile 2016)
Claudio
November 18, 2018
Ciao Stefano,
mi è piaciuto molto questo articolo e il progetto mi ha incuriosito. C’è un link dove è possibile vedere tutte le altre foto scattate dai fotografi?
Grazie.
Stefano Corso
November 18, 2018
Ciao Claudio,
grazie per l’interesse. Le foto del progetto non sono online, è stata inserita nell’articolo sono una foto per partecipante.
Grazie a te.
Stefano